Un inaspettato viaggio in Kazakistan

161028-un-inaspettato-viaggio-in-kazakistan

Testo di: Deborah Scanzio

Lo scorso mese di settembre ho avuto la possibilità di fare un viaggio ad Almaty, la città più popolosa del Kazakistan, con più di un milione e mezzo di abitanti. Ho accompagnato la mia collega Petra Filippini, responsabile dei settori Marketing e Amministrazione delle Funivie di Airolo-Pesciüm, all’“Almaty Mount Fest 2016”, il più grande festival della montagna dell’Asia centrale. Quest’anno, oltre alle gare di arrampicata, mountain bike, skyrace e downhill (dove erano presenti atleti provenienti da diverse nazioni) si è svolto anche il primo forum dedicato ai problemi e alle prospettive di sviluppo delle stazioni di sci. La regione di Almaty vuole aumentare le attività turistiche nelle montagne vicine alla città. A questo proposito, il prossimo mese di febbraio Almaty ospiterà le Universiadi, inoltre, la città era candidata ad accogliere le Olimpiadi nel 2014.

Il forum si è svolto nella stazione sciistica di Shymbulak, a soli 25 km dalla città di Almaty. Ci sono anche altri impianti per sciare, ma questo è il più grande. Per raggiungere le piste si percorre qualche chilometro su una strada di montagna e inseguito si sale con un’ovovia, lunga 4.8 km, fino a Shymbulak. La stazione ha circa 15 km di piste e si estende dai 2’300 ai 3200 m.s.l.m. Gli impianti sono moderni e hanno ottimi ristoranti, noi abbiamo pranzato in un bellissimo chalet ai piedi delle piste.

Al forum sono stati invitati diversi relatori, tra questi c’era anche la città di Lugano, gemellata con Almaty dallo scorso mese di maggio. Lugano non ha però potuto partecipare e, trattandosi di un forum dedicato alle stazioni di sci, abbiamo aderito noi di Valbianca SA.

Al meeting sono intervenuti diversi esperti del turismo, tra questi anche un giovane russo che lavora per un complesso turistico sulle montagne dove si sono svolti i Giochi di Sochi. Ci ha parlato del loro turismo estivo e invernale, dei problemi e delle idee per avvicinare più persone alla montagna. La presentazione più interessante è stata quella del vallesano Josef Zenhäusern, esperto di turismo e di sci. Direttore di Swiss Ski dal 1992 al 2000, membro del comitato organizzatore della Coppa del Mondo di Wengen e ora consulente presso la Federazione Internazionale di Sci. È stato davvero un piacere poter incontrare una persona come Josef, un uomo pieno d’idee, diretto e sincero. Nella sua presentazione ha parlato delle cose importanti da tener presente quando si vuole sviluppare un’area turistica.

Io e Petra abbiamo parlato delle Funivie di Airolo, dei progetti che stanno nascendo nella regione del Gottardo (la nuova pista di ghiaccio HCAP, l’accademia dello sport a Piotta, il centro di allenamento nazionale di freestyle ad Airolo e il progetto di Andermatt Swiss Alps) e della nostra “Magic Mountain”, dove diverse campionesse dello sci hanno svolto le prime curve sulla neve. Qualcosa di cui andare fieri e un esempio di turismo sportivo.

Malgrado sia stato uno “speedy trip”, siamo partite giovedì 8 settembre e rientrate 3 giorni dopo, per me è stata una bellissima esperienza. Sono andata in veste di collaboratrice di Valbianca SA e allo stesso tempo ho portato la mia esperienza di atleta professionista. A livello professionale abbiamo potuto ascoltare delle presentazioni molto interessanti. Credo che per crescere sia importante viaggiare e guardare cosa fanno gli altri. A livello umano, ho incontrato tante persone gentili e visitato una città di cui non conoscevo nulla e che mi ha sorpreso in positivo.

Questione di feeling

Testo di: Deborah Scanzio

La ricetta per avere successo è un mix di diversi ingredienti, la base è composta dallo sportivo che scende in campo, dalle sue capacità fisiche e mentali, ma l’atleta da solo non basta per raggiungere l’apice, servono anche gli altri elementi: famiglia, squadra, federazione, sponsor, e… allenatori.

Nei vari articoli scritti in questa rubrica, ho parlato spesso dei miei allenatori “storici”, quelli che mi seguono da sempre nella preparazione fisica, mentale e nella pianificazione. Loro tre, Gilles, Roby e Andrea, sono i miei punti di riferimento, quelli che mi conoscono meglio e che con me hanno vissuto i successi e le delusioni da quando gareggio in Coppa del Mondo.

Un’altra figura importante è il ticinese Juan Domeniconi, a soli 24 anni, si occupa della nostra preparazione acrobatica da 6 anni. Juan ha un passato da ginnasta e con le sue conoscenze e capacità sta facendo un ottimo lavoro con i miei compagni di squadra e con i bambini della FSSI. Con me è più difficile vedere il suo tocco, poiché ho iniziato a lavorare a un’età in cui cambiare certi automatismi e combattere le paure è molto più difficile. Ci limitiamo a perfezionare ciò che già so fare.

Poi ci sono i tecnici che mi hanno seguito sulla neve e accompagnato al cancelletto di partenza alle gare. Dal 2002, quando sono andata a gareggiare per l’Italia a oggi, sono tantissimi gli allenatori con cui ho lavorato, se mi limito ai coach principali, ne ho cambiati 5: Andrea Rinaldi, Michele Leoni, Jussi-Pekka Kinnunen, Etienne Lecours e Fred Weiss. I primi due sono ticinesi e con Mike è stata l’ultima volta che l’italiano è stata la lingua principale parlata con il mio allenatore, poi c’è stata la parentesi con il finlandese Jussi, preso come allenatore privato quando ero in Italia. Gli ultimi due fanno parte della collaborazione che c’era tra Italia e Svizzera, il canadese Lecours ha lavorato 2 anni per Swiss Ski, inseguito è arrivato Fred, dalla Francia e attualmente ancora con noi.

Con ognuno di loro ho vissuto tante emozioni, condiviso eventi importanti e grazie ai loro input ho raggiunto considerevoli traguardi. Allo stesso tempo, con ciascuno ho avuto dei battibecchi e discussioni. Un po’ per colpa del mio carattere, sempre molto esigente con me stessa e con chi sta al mio fianco…ma soprattutto perché quando passi tanti giorni assieme, via da casa e con lo stress da gara…è normale che non sia sempre tutto rosa e fiori…

Ho sempre pensato che per essere un buon coach devi saper leggere le persone, essere in grado di guidare al meglio la macchina che conduci…Bastone o carota? Devi capire in che modo parlare ai tuoi atleti, quando essere duro e quando invece, essere più comprensivo e comunicativo. Allo stesso tempo, penso sia molto importante che un coach abbia una certa esperienza come atleta, non è detto che un campione sia anche un buon allenatore, ma in certe situazioni è essenziale poter trasmettere dei consigli pratici e non solo teorici.

Detto ciò, ho pensato che fosse il momento di cambiare guida…tornare a lavorare con qualcuno che parla italiano e con cui posso essere più spontanea e diretta, qualcuno che mi conosce bene e che ha gareggiato in Coppa del Mondo. Giacomo Matiz sarà il mio allenatore principale sulla neve. Fred Weiss resta il capo allenatore e seguirà maggiormente i ragazzi della squadra. Con Jack siamo stati compagni di squadra in Italia per 12 anni ed eravamo assieme alle Olimpiadi di Sochi 2014. Quando era atleta, allenava anche dei bambini, dallo scorso anno fa parte dello staff di Swiss Ski dove ha contribuito alla vittoria di Nicole Gasparini in Coppa Europa. Abbiamo sempre avuto un ottimo feeling, sono sicura che la sua esperienza di atleta internazionale di alto livello potrà aiutarmi a crescere e a superare eventuali momenti difficili.

Un’estate un po’ diversa… all’aria aperta per prepararsi e rigenerarsi!!

Testo di: Deborah Scanzio

Sono diversi gli studi che rilevano come lo sport sia un potente attivatore di endorfine, una sorta di “droga naturale” prodotta dal nostro cervello che provoca un senso di benessere e serenità, di maggiore soddisfazione ed autostima e un aiuto a sopportare lo stress e il dolore fisico.

Si dice che con l’avanzare dell’età si apprezzano maggiormente gli sport di resistenza, non so se questo valga per tutti, ma per me è stato così. Nel 2012, durante la riabilitazione per l’infortunio al ginocchio, ho iniziato ad appassionandomi alla MTB, andare in bicicletta era una delle poche attività sportive che potevo fare. In seguito ho provato anche la bici da corsa e ne ho comprata una. Mi piace intercalare le due attività a dipendenza di come mi sento, di chi mi accompagna e soprattutto del paesaggio che voglio vedere. Lo scorso autunno ho approfittato dell’eccezionale sole di novembre per fare diverse passeggiate nei sentieri “sopra casa” e a marzo, una volta terminata la stagione, mi sono avvicinata allo sci di fondo, mai avrei pensato che mi piacesse, e invece mi sono proprio divertita. Queste attività fisiche sono diventate i miei hobby, mi fanno bene a livello fisico e mentale.

Sebbene abbia elencato diversi pregi sulle miei passioni e di professione sia una sportiva d’élite, il mio sport è anaerobico e di conseguenza anche la maggior parte degli esercizi che svolgo in palestra, ho dunque dovuto trovare un compromesso tra puro piacere e lavoro. Fortunatamente mi segue un preparatore fisico, Gilles Neuenschwander, molto competente e con una mentalità aperta. Dopo 10 anni, mi conosce bene e sa cosa serve al mio corpo e alla mia mente per essere pronta alle gare. Quando ci siamo incontrati per programmare la nuova stagione, gli ho parlato apertamente delle mie passioni e di quanto sia diventato più difficile chiudersi in palestra da sola quando si sta così bene all’aria aperta. Mi son sempre allenata duramente e con costanza e non mi è mai pesato tanto, ma ora sentivo il bisogno di un cambiamento… Gilles ha guardato il programma degli stage sulla neve, il calendario delle gare e ha calcolato i blocchi obbligatori da fare in palestra, e poi mi ha detto che avremmo iniziato ad inizio settembre. L’importante è che mi tenga sana e in forma con la regolarità che ho avuto in passato, seguendo ogni giorno la filosofia “1h for your body”.

All’inizio ero un po’ sorpresa di questa decisione, ma poi molto contenta, posso fare tutti gli sport che mi piacciono, passare meno tempo da sola e partecipare ai vari corsi che propongono nel fitness “La Fenice” a due passi da casa: trx, circuit training, GAG, allenamento funzionale, spinning,… Quest’ultimo lo facevo già, gli altri ero curiosa di provarli ma finora non ne avevo avuto il tempo, ora potrò farlo, allenerò un po’ la forza, la coordinazione e la resistenza in differenti modi.

A volte bastano piccoli “input” per riaccendere l’entusiasmo e poi… per crescere bisogna uscire un po’ dagli schemi!

 

Carpe diem & never give up!

Testo di: Deborah Scanzio

A inizio febbraio, dopo una gara andata male, mentre le mie colleghe svolgevano la finale in notturna a Deer Valley, io scrivevo la mia rubrica “A Scanzio di equivoci”. Con parecchia frustrazione per l’andamento delle ultime due gare, parlavo di attese, di delusioni, di campioni e di comparse. A volte però succedono coincidenze strane, tra la consegna di un testo e la pubblicazione passa del tempo, il caso ha voluto che l’uscita di quell’articolo fosse pochi giorni dopo la mia prima vittoria in Coppa del Mondo. Dalla serie: ”quando meno te lo aspetti…arriva!”

Domenica 28 febbraio 2016 resterà per me un giorno indimenticabile, dopo tanti anni, tanto lavoro, alcune soddisfazioni e diverse delusioni, dopo 106 gare di Coppa del Mondo sono finalmente salita sul gradino più alto del podio. È stata una liberazione e una gioia immensa.

E pensare che, dopo la tournée nord americana, in Giappone nemmeno ci volevo andare. Ero arrabbiata e un po’ rassegnata ed ero stufa di stare male per i risultati che non arrivavano. Fortunatamente, dopo un paio di giorni a casa, ho ricaricato le batterie e ritrovato la giusta motivazione e forza mentale, grazie anche al lavoro con il mio preparatore mentale Roby Joos. Devi sentirti bene per rendere al massimo e l’ambiente è fondamentale per avere successo. Non è dunque un caso che la vittoria sia arrivata quando con me c’era la mia amica d’infanzia, Camilla, di formazione osteopata. Oltre a curare i nostri acciacchi, l’obiettivo di Camilla era farmi ridere almeno 10 minuti al giorno, e così, tra una battuta e l’altra, una giornata divertentissima, in cui volevamo visitare Akita, ma siamo finite da tutt’altra parte, un pensiero positivo e una parola di conforto, “Cami” è riuscita a farmi affrontare le gare asiatiche con il sorriso e la giusta serenità mentale.

Per avere successo ci vuole anche un pizzico di fortuna, si dice però che la stessa va cercata, io so di averne avuta in quella storica giornata, ma in passato sono stata spesso sfortunata, direi che ora siamo pari. È stata una giornata surreale, iniziata con il forte dolore al ginocchio sinistro, i dubbi se avrei potuto sciare oppure no e il bendaggio fatto poco prima dell’inizio dell’allenamento. I segnali non sembravano presagire una giornata di successo, tanto più che le poche run prima della gara non erano andate come volevo. Al primo turno ho sbagliato a metà pista, sono uscita e rientrata poco prima del secondo salto, ma nel momento in cui sono atterrata, ho visto cadere la mia avversaria alla mia destra. All’arrivo ero arrabbiata e a disagio, mi sembrava di non meritarmi il passaggio del turno, ma il dual è anche questo, una lotta dall’inizio alla fine e non sai mai cosa può succedere. In quel momento ho pensato: “Debby, sei stata fortunata, ora però…carpe diem”! Quando ai quarti ho battuto Perrin Laffont, vincitrice il giorno prima, ho capito davvero che era la mia giornata e dovevo lottare con tutta la determinazione e forza possibile per tornare finalmente sul podio. Nella run successiva ho battuto anche la favorita Chloé Dufour Lapointe, allora in finale mi sono detta: “Vai Debby, non accontentarti, cerca la vittoria, questa è la tua occasione”! E così è stato. La ricompensa per la mia tenacia, la mia costanza, il mio “never give up” e la conferma che, alla fine, il lavoro premia sempre!

 

Motivazione, sogni, aspettative e delusioni…come gestire il tutto?

Testo di: Deborah Scanzio

Sono diverse le motivazioni che ci spingono a praticare attività fisiche, il presupposto di base dovrebbe essere il piacere di fare un determinato esercizio, ma a volte il divertimento passa in secondo piano e si pratica sport per altri motivi: per tenersi in forma, per stare in compagnia, per sentirsi forti, per raggiungere determinati traguardi, per vincere, per soldi, …

Per definizione, la motivazione è il motivo che ci spinge ad agire, quando perdiamo di vista la nostra ragione principale o la stessa diventa difficile da realizzare, non riesci più a provare piacere e allora smetti o cambi hobby. Se però sei uno sportivo professionista, tutto si complica…

La vita è fatta di alti e bassi, e così anche quella dell’atleta, la capacità di dimenticare in fretta i momenti difficili e sapersi rialzare dopo le sconfitte è una delle qualità fondamentali per evitare delle crisi. Bisogna saper guardare il bicchiere mezzo pieno e relativizzare le cose negative, in fondo, si tratta di sport, non di malattie o di guerre.

Siamo però umani e viviamo di emozioni, spesso le persone più sensibili sono quelle che hanno più difficoltà a mantenere la mente libera e razionale in ogni momento, si lasciano trasportare da quello che sentono dentro. A volte tutto ciò si trasforma in una forza che ti spinge a fare grandi cose, in altri momenti ti frena, rendendoti tutto difficile e faticoso.

Si parlava di divertimento, ma a volte mi chiedo, che gioia si prova quando una squadra continua a perdere? O quando pedali per 200km sotto l’acqua, arrivi stremato al traguardo e in più accusi un ritardo di mezz’ora…O ancora, esci in barca a vela e c’è troppo vento o troppo poco…E se dopo mille sedute di allenamento non scii ancora come vorresti…? Sono dei casi estremi? Forse, ma la realtà è che non sempre ci si diverte! Per emergere nello sport d’élite ci vogliono capacità fuori dal comune, oltre a quelle tecniche, ci vuole anche tanta forza mentale e determinazione.

Tutti vorrebbero essere dei Top Scorer o dei Campioni, ma una squadra è fatta anche di lavoratori, ad un certo punto, bisogna capire quale è il proprio ruolo in base alle proprie capacità e accettarlo. In uno sport singolo è più difficile fare ciò, poiché non hai una squadra da aiutare, gareggi per te…se però quello che ottieni è in linea con le tue attese, allora puoi “accontentarti” di arrivare 15° ed essere un “lavoratore”. Che fare invece quando le tue aspirazioni non combaciano (più?) con le tue capacità? Porsi nuovi obiettivi e continuare a lavorare per migliorarsi. Alla fine otterai ciò che vuoi? Forse, ma la sola determinazione può portare a degli exploit, ma senza la classe sarà dura ripeterli…alla fine ci saranno sempre i campioni e le comparse. Pensando ai vari sport, in quasi tutti, ci sono atleti che dominano da più anni, quelli che sai che saranno sempre lì a lottare per la vittoria e poi…tutti gli altri…che riempiono le classifiche.

Ma alla fine cosa è importante? Stare bene! Fai le cose che ti rendono felice…Poniti degli obiettivi realistici, lavora sodo, e fai di tutto per non avere rimpianti…forse non arriverai primo, ma almeno avrai vinto la sfida con te stesso.

 

Una giornata di allenamento a Zermatt (2a parte)

Testo di: Deborah Scanzio

Nel numero precedente di Sportiamo raccontavo di una particolare, ma non tanto inusuale, giornata di sci sul ghiacciaio di Zermatt. Quando si sale in altura si è spesso confrontanti con delle difficili condizioni meteo. Il tempo che si trova alla partenza degli impianti può essere molto differente rispetto a quello in cima e lo stesso può mutare in fretta una volta che si è in pista. In effetti, nel numero precedente, parlavo di una giornata a prima vista stupenda, ma in realtà condizionata dalle raffiche di vento. Quando si pratica uno sport all’aria aperta, bisogna saper convivere con gli imprevisti ed essere in grado di adattarsi alle diverse condizioni che si possono trovare in pista. Più facile a dirsi che a farsi! Il paradosso è che all’inizio di questo racconto parlavo della routine che accompagna la vita degli atleti, eppure, nonostante si vada spesso nello stesso posto, il programma sia sempre simile e la pista di gobbe abbia sempre un buco a destra e uno a sinistra, ogni giorno sulla neve è diverso da quello precedente. Sole, neve, pista e gobbe, cambiano ogni giorno, a volte anche dopo poche discese, complicando la vita degli atleti, ma allo stesso tempo, rendendola stimolante e diversa ad ogni seduta.

Dunque, ci sono giornate, che ti svegli, guardi il cielo blu, il Cervino illuminato dal sole e non puoi non essere motivato per l’allenamento, poi però può capitare che ci impieghi ore prima di poter davvero iniziare a sciare e la tua motivazione cala drasticamente. Altri giorni invece, ti affacci alla finestra e per istinto vorresti di tornare sotto le coperte, quella cappa di nuvole e quella nebbia, non promettono nulla di buono. Gli impianti sono aperti e siccome non è un dayoff, bisogna almeno provare a salire, chissà, magari poi si apre…Arriviamo a Furi e il tempo è come a Zermatt, saliamo ancora, Trockener Steg, stesso discorso, anzi, qui la nebbia è molto più fitta, e se fosse un mare di nebbia e più in alto fosse sereno? Speriamo! Ci dirigiamo con questo sogno verso l’ultima cabina che porta al Klein Matterhorn. Parte la funivia, per metà percorso intorno a noi si vede solo grigio, all’improvviso però, s’intravvede qualcosa fuori dai finestrini, la luce diventa più chiara e di colpo, come per magia, spunta un favoloso cielo blu. Sotto di noi, invece, un immenso nuvolone bianco. Che spettacolo! Di colpo sento che il mio corpo si risveglia, mi torna il sorriso e la motivazione cresce velocemente.

Mentre mi riscaldo penso al programma per oggi, mi aspettavo tutta un’altra giornata, in pista ne discuto con il mio allenatore e stabiliamo come fare le 8 discese che normalmente compongono il nostro allenamento. Passano un paio d’ore, sono le 12.30 e sono soddisfatta della mia seduta, mi dirigo verso casa, prepariamo il classico piatto di pasta del mezzogiorno (in realtà sono le 14.30) e dopo un momento di relax, sono pronta per il “tran tran” del pomeriggio: un po’ di bici, un po’ di addominali, un po’ di mobilità, stratching e per concludere il recupero, un trattamento dalla nostra fisioterapista. Un altro giorno è passato, domani seduta di acrobatica, su e giù a piedi attorno al primo salto. Questo è il piano A…se non potremo svolgerlo, beh, ci sarà un piano B!

 

Una giornata di allenamento a Zermatt

Testo di: Deborah Scanzio

La vita dell’atleta è fatta di routine, dai metodi di allenamento, ai rituali pre-gara, passando dalla preparazione del materiale ai luoghi in cui ci sia allena ogni anno nello stesso periodo. E così, dal 2002 a oggi, quando penso al mese di ottobre il mio pensiero si sposta a Zermatt. Dopo tanti anni, l’entusiasmo che si prova quando si va in un posto nuovo scompare, ti dimentichi di essere in uno dei posti più belli al mondo e come un robot passi le tue giornate svolgendo il tuo preciso programma ogni giorno. Ma come sono queste giornate?

Tutto inizia con la preparazione alla partenza per l’ecologico villaggio Vallesano ai piedi del Cervino, nonostante questa località sia vicina a casa mia, il primo viaggio è sempre “traumatico”. Caricato le valigie e gli sci, preso il materiale per la preparazione fisica (bici da spinning compresa), occupiamo lo spazio residuo con le provviste per cucinare. Arrivati a Täsch abbiamo due opzioni: lasciare il furgone in uno dei posteggi in zona, spostare tutto il materiale in un veicolo con il permesso per salire fino a Zermatt e infine, rimuovere il tutto e caricarlo per l’ultima volta su un taxi elettrico che finalmente ci condurrà al nostro appartamento. Il lavoro non è però concluso, bisogna portare i bagagli e la spesa all’ultimo piano della casa, iniziamo così il nostro campo di allenamento in altura, su e giù per 5 piani con i pesi in mano. Welcome to Zermatt! La seconda opzione è quella di fermarsi a Visp, prendere il pass in polizia e salire con il nostro furgone fino a Zermatt.

Finalmente siamo in appartamento, valigie in camera, provviste sistemate negli armadi, turni di cucina fatti. Cuciniamo la cena, l’allenatore ci dice il programma per il giorno successivo e la serata è conclusa. Sono da poco passate le 7.00, suona la sveglia, non facciamo sci alpino, almeno le levatacce ce le risparmiamo, guardiamo fuori dalla finestra, il Cervino si vede, bene, il tempo è bello allora si può sciare. Ci incamminiamo verso la cabina, come mai tutta quella gente in attesa di salire? Quelle nuvole si muovono troppo in fretta, quanto vento c’è in cima? Ieri quando siamo scesi iniziava a nevicare, staranno preparando le piste? Aspettiamo. Passa mezz’ora e apre l’ovovia, si scatena una gara a chi spinge di più e a chi sale prima, sembra che il primo che sale vincerà un premio speciale… sarà, ma a me non interessa e lascio partire la ressa, che poco dopo ritrovo nella cabina a Furi…vai a capire cosa insegnano a questi bambini che girano con gli zaini più grandi di loro…competitività in ogni cosa che fanno? Arriviamo al Trockener Steg, tutto in stanby, andiamo al ristorante e aspettiamo. Sono le 10.00, non ho ancora iniziato ad allenarmi, ma mentalmente sono già stanca, se ti rilassi poi riesci a rimetterti in modalità allenamento? Arriva l’annuncio, è aperto…ricomincia il festival degli spintoni…finalmente arriviamo al Klein Matterhorn, sono le 11.00. Ci riscaldiamo e prepariamo e dopo una mezz’ora siamo in pista…che spettacolo, il cielo è blu e sotto di noi un mare di nebbia, speriamo resti lì…dopo tanta fatica ora voglio allenarmi!! …ma è sempre così? Per fortuna no… il resto delle nostre giornate ve lo racconto la prossima volta…

Il racconto del primo EYFA Girls Camp!

Testo di: Deborah Scanzio

Da domenica 26 luglio a venerdì 31 luglio si è svolto il primo camp di freestyle per sole ragazze organizzato dall’European Youth Freestyle Academy (EYFA) al centro sportivo di Tenero. Al corso c’erano 9 ragazze tra gli undici e i sedici anni, quattro di loro sono arrivate dall’Olanda, accompagnate da Demi, una ventenne olandese che ha da poco chiuso la sua carriera da atleta e ora aiuta il suo club di freestyle. Demi ha aiutato con le traduzioni quando non ci si capiva in inglese e ha approfittato di questa settimana per fare esperienza come allenatrice. A completare il team assieme a me c’erano Giorgia Bertoncini e Nicole Gasparini. “Gio”, ventunenne di Bergamo, si è trasferita in Ticino alcuni anni fa per frequentare la SPSE a Tenero. Eravamo compagne di squadra quando era un’atleta “moguls”, poi è passata allo “slopestyle”, può vantare presenze in CdM in entrambe le discipline. “Niki” ha diciotto anni, è nei quadri di Swiss Ski Moguls, ma purtroppo si è infortunata a dicembre a un ginocchio e quindi tra riabilitazione e allenamenti non ha potuto seguire tutte le attività del camp. Entrambe hanno iniziato grazie a EYFA, le ho viste crescere come atlete ora eravamo assieme ad allenare…come passa il tempo!

A parte una ragazza che aveva già partecipato a un camp EYFA in giugno, per le altre ticinesi era il primo assaggio di freestyle, mentre le ragazze olandesi sapevano già eseguire mortali avanti e indietro sia sul trampolino che sulla rampa di water jump. Le giornata prevedevano sempre mezza giornata dedicata all’acrobatica (tappeto elastico, tuffi dai trampolini in piscina e water jump) e un mix di altre attività. Lunedì abbiamo preso i pattini in linea e svolto dei percorsi a zig zag e dei piccoli saltelli. I rollerblade hanno diverse similitudini con lo sci: l’importanza della centralità del corpo sopra i pattini e l’utilizzo dei piedi e ginocchia per girare. Essendo un camp di sole ragazze abbiamo pensato di proporre anche delle attività più al femminile, come la danza e lo yoga, sono state divertenti, anche se lo yoga direi che lo abbiamo apprezzato più noi monitrici che le giovani, ma il loro corpo ne ha sicuramente giovato, a metà settimana un momento di rilassamento fa sicuramente bene. Non poteva mancare lo stand up paddle sul lago, da qualche anno sempre più di moda o un’escursione in MTB a fare il bagno in Valle Maggio. Infine, venerdì pomeriggio abbiamo chiuso il corso camminando sospese tra gli alberi del Parco Avventura di Gordola, l’arrampicata di qualche giorno prima ci ha aiutato per le vertigini…Le ragazze sembrano essersi divertite molto, c’era un gruppo affiatato e malgrado la difficoltà della lingua sono riuscite a capirsi tra di loro e ad imparare qualche parola in italiano o in olandese.

Da parte mia, posso dire che è stata una bellissima esperienza, mi era già capitato di aiutare a un corso EYFA, ma mai mi ero trovata nella posizione di responsabile (assieme a Giorgia) del camp e devo ammettere che ci sono davvero tante cose a cui bisogna pensare senza dimenticare lo stress durante le attività acrobatiche. In quei momenti l’attenzione deve essere al massimo per fare il possibile per evitare infortuni. Quando però vedi i progressi delle ragazze oppure riesci a far saltare dalla rampa le piùtimorose e  soprattutto passi una settimana all’aria aperta, afare sport in compagnia di persone socievoli e solari, beh…vale la pena essere stanchi alla sera….

Ecco EYFA Girls Camp… alla ricerca di ragazze coraggiose!

Testo di: Deborah Scanzio

Nel 2006 Andrea Rinaldi, da diversi anni team manager dellasquadra svizzera di moguls e in passato allenatore di Coppa del Mondo (presente alle Olimpiadi di Salt Lake City 2002e Torino 2006) ha creato l’European Youth Freestyle Academy. Una scuola di freestyle che si prefigge di avvicinare nuovi giovani a questo sport e seguirli con allenatori ben preparati e strutture specifiche.

Da allora diversi bambini/ragazzi hanno partecipato ai vari camp estivi e invernali organizzati da Andrea, alcuni di loro solo di passaggio, altri hanno continuato per alcuni anni fino al raggiungimento di gare internazionali, altri ancora sono arrivati addirittura in Coppa del Mondo. Da questa scuola sono usciti tutti i miei attuali compagni di squadra in nazionale: Marco Tadé, Nicole Gasparini, Nicolò Manna e da quest’anno anche il giovanissimo Giacomo Papa. Marco nella stagione appena conclusa é addirittura salito sul podio di Coppa del Mondo grazie ad uno stupendo terzo posto in dual moguls a Deer Valley, la pista più affascinante e con il maggiore pubblico di tutta la tourné. Era da ben diciannove anni che uno svizzero non raggiungeva un risultato simile! Marco ha un talento fuori dal comune e forse non tutti quelli che si avvicineranno a EYFA otterranno traguardi di questa portata, ma sicuramente EYFA ha permesso di lanciare Marco nel mondo del freestyle e di sviluppare le sue capacità.

Oltre ai “classici camp” a Tenero ed Airolo, EYFA da diversi anni propone anche una settimana in uno skidome in Olanda, ideale per l’acrobatica e speciale per l’esperienza di sciare in un luogo artificiale senza dimenticare la bellezza di vivere un’esperienza fuori dal comune, lontani da casa con persone che hanno la stessa passione. Una novità tutta rosa è in programma per quest’estate, per fine luglio EYFA sta organizzando una settimana dedicata esclusivamente alle ragazze e al freestyle al centro sportivo di Tenero. Un team di atlete donne (ci sarò anche io) seguirà ed allenerà le giovani iscritte. Con questo camp, si spera di avvicinare più donzelle a questo sport, programmando delle attività complementari al freestyle un po’ più al femminile rispetto ai normali corsi EYFA.

Gli sport di questo genere richiedono una certa dose di coraggio e alle nostre latitudini non riscuotono tanto successo tra le ragazze. Noi vogliamo trasmettere loro maggior fiducia nei propri mezzi in modo da scoprire il brivido dell’adrenalina che si prova quando si riesce a fare qualcosa che ci faceva paura. Allo stesso tempo è interessante anche uscire dalla propria “confort zone” e cercare i propri limiti, il tutto seguendo linee guida che ti permettono di crescere passo dopo passo in sicurezza.

Spesso le donne nello sci alpino hanno paura quando devono affrontare a tutta velocità i salti in discesa libera e un corso sull’acrobatica può sicuramente far bene anche in questo ambito. Mi ricordo di aver visto Lara Gut fare delle sedute di water jump a Tenero quando era ancora una bambina, Lara è sicuramente una delle migliori in discesa e nei salti che trova lungo il percorso, probabilmente lo sarebbe stata anche senza questi allenamenti specifici, ma la cura dei dettagli è uno dei punti forti del suo team e anche in questo campo è stata pionieristica rispetto alle avversarie, facendo qualcosa di insolito per chi pratica lo sci alpino. Per concludere, non mi resta che augurarmi che questa novità abbia successo, il movimento freestyle in Ticino sta crescendo, ma qualche ragazza in più non guasterebbe!

L’importanza della polivalenza

Testo di: Deborah Scanzio

Ripensando ai tempi in cui ho iniziato a praticare il freestyle mi ricordo le tantissime risate in tutto ciò che facevamo: la ricerca di qualsiasi “motto” da usare come trampolino, le trasferte alle gare, le settimane di carnevale a sciare in maschera, le discese a valle affrontate a tutta velocità tra sorpassi e slalom umani…insomma, in quel periodo, regnava la spontaneità e il divertimento. Era giusto così poiché avevamo poco più di dieci anni, amavamo andare a sciare e non pensavamo ad altro che a spassarcela. Guardando i nostri coetanei che praticavano lo sci alpino e ci sentivamo diversi, i nostri genitori non ci seguivano ad ogni evento, non preparavamo gli sci prima di una competizione e alle gare si respirava meno rivalità e gelosia, ma soprattutto, non ci piaceva esercitare la tecnica di sci. Noi eravamo i piccoli pazzerelli un po’ ribelli e loro il volto della tradizione e dei veri atleti. D’altronde, per noi era un gioco e lo facevamo per passione, il nostro gruppo (il Freestyle Team Airolo) era nato un po’ per caso e nessuno immaginava che uno di noi in futuro sarebbe diventato un’atleta professionista capace di andare alle Olimpiadi.

A distanza di più di quindici anni vedo le cose in modo diverso, sono cresciuta e maturata e le esperienza nella vita privata e nello sport mi hanno fatto diventare la persona che sono: molto più riflessiva, calma e pignola di un tempo. Direi quasi, troppo poco freestyler…Oggi reputo che gli esercizi di tecnica siano fondamentali, se li avessi fatti da bambina sarebbe stato più semplice imparare i movimenti corretti, piuttosto che cambiare degli automatismi non ideali a quasi trent’anni. Penso anche che se oltre ai salti e alle gobbe, ogni tanto avessimo fatto qualche passaggio tra le porte di gigante e slalom avrei implementato il mio bagaglio tecnico e le mie capacità di adattamento a situazioni diverse. Allo stesso tempo, quando le gobbe hanno iniziato ad essere la mia vita, il mio lavoro e il mio futuro, avrei comunque dovuto continuare a praticare un po’ anche le altre discipline freestyle, per non perdere il feeling con i “big air” e imparare a fare i “rail”. Più restringevo la polivalenza, e più perdevo la passione per lo sci. Per anni non sono quasi mai andata a sciare per il semplice gusto di godermi la sensazione di una bella curva in pista, oppure una giornata sulla neve in compagnia. Ero troppo occupata a pensare a migliorarmi tra le gobbe e a raggiungere i miei obiettivi sportivi. Paradossalmente è stato dopo l’infortunio al ginocchio subito un paio di stagioni fa che mi è tornata la vera passione per lo sci. A fine marzo ho seguito un weekend il gruppo dei piccoli freestyler, quest’anno più numeroso del solito. La voglia di ridere, saltare e sciare in modo alternativo è la stessa che avevamo noi a quell’età, ho cercato di spiegare loro l’importanza di imparare a sciare correttamente oltre che ad esercitare le evoluzioni, ma non avendo un numero altissimo di giovani che si avvicina al freestyle, dobbiamo prima di tutto creare la passione e poi lavorare su tutti gli aspetti legati allo sci. Chi inizia lo fa per la parte “free”, se no andrebbe a fare sci alpino, ma in fondo, a me non è andata così male e quasi tutti gli amici che hanno iniziato con me, sono diventati dei maestri di sci. Abbiamo il nostro stile, forse ci mettiamo un po’ di più, ma alla fine diventiamo anche noi dei buoni sciatori.