I cambiamenti: L’evoluzione dello sport e l’obbligo di adattarsi!

Testo di: Deborah Scanzio

Mi ricordo quando ho iniziato a praticare il freestyle, avevo appena dieci anni ed ero una pazza, il pericolo non sapevo cosa fosse, l’importante era sciare veloce e saltare grande. Il tutto, ovviamente, relativizzato a una bambina di quell’età. Con gli anni ho capito che il carattere che portavo in pista era lo stesso di tutti i giorni, in quel periodo ero spensierata e menefreghista, con il tempo sono diventata più riflessiva e prudente, sono cresciuta! Sono passati più di quindici anni da quando per gioco, assieme a mio fratello e ad alcuni amici, mi sono avvicinata al freestyle e da allora la tecnica è evoluta tantissimo. Come in tutti gli sport, l’età in cui s’inizia a “fare sul serio” si abbassa sempre di più e il modo di praticare la disciplina evolve.

Infatti, ho iniziato tentando di tenere le braccia strette mentre sciavo nelle gobbe e per fare un salto mi piegavo e alzavo più che potevo, convinta che così sarei andata più in alto. Ora mi sforzo di allargare le braccia e di arrivare tesa e dura sul trampolino. Ma quanto è difficile cambiare un movimento che esegui da anni? Sarebbe stato più semplice apprendere queste nozioni all’inizio, piuttosto che cambiarle a ventisei anni, ma ai tempi la tecnica era diversa. Da giovane ti lanci senza riflettere troppo, non è sempre ideale, ma a livello mentale è molto più divertente. Con il passare del tempo, prendi coscienza dei pericoli e l’adrenalina si trasforma in paura, poi però, l’esperienza compensa l’imprudenza e piano piano tutto diventa automatico.

Oltre al gesto tecnico da adattare, c’è una barriera psicologica da abbattere. Le tue certezze e sicurezze vengono messe in dubbio, quando inizi a eseguire bene e con sicurezza un movimento, è già ora di renderlo più efficace. Più passa il tempo e più pensi che sia impossibile cambiare degli automatismi, cerchi di ottenere il massimo da quello che sai fare, ma ad un certo punto non basta più. È dura accettare che prima eccellevi nei salti e ora sei una delle tante. Puoi accontentarti, oppure ricominciare da capo.

Nel mese di giugno, durante il primo camp di water jump a Mettmenstetten, dove si allenano gli atleti svizzeri di aerials, mi sono presentata con scetticismo. Da buona tradizionalista, non vedevo il senso di “perdere tempo” saltando su di un trampolino che nelle gobbe non troveremo mai. L’idea del nostro allenatore era quella di lavorare sulle basi e sull’adattamento a situazioni diverse. Avevo due scelte: lamentarmi per una settimana o sfruttare l’occasione per imparare qualcosa di nuovo e molto utile anche sulla neve. Ho scelto la seconda!

Ho aperto la mente e mi sono rimessa in gioco, come una sedicenne provi, sbagli, cadi, ma ti rialzi e continui. Non ero più spensierata e imprudente, ma finalmente più sicura e aperta alle novità. Sai che se non funziona, puoi tornare indietro nella tua “confort zone”. Quante volte ho cercato di applicare questa teoria, ma poi la paura mi bloccava, non mi fidavo di me stessa e ogni variazione mi portava alla mente il pensiero di un possibile infortunio. Pensavo di non avere le capacità, chi lavorava con me ha sempre tentato di convincermi del contrario, ma se non sei la prima a crederci, il resto non conta. Non so cosa mi abbia portato a questo “clic psicologico”, forse l’infortunio, il tempo o probabilmente la voglia di raggiungere i miei obiettivi. Ho sempre lavorato sodo per ottenere buoni risultati, ma negli ultimi anni non ho raccolto i frutti sperati, dovevo dunque rivalutare le mie convinzioni.