La mia vita in un salto (Ticino Welcome)

Intervista di Gabriele Botti, foto ©Studio Daulte

Ha partecipato ai Giochi Olimpici di Torino 2006, Vancouver 2010 e Sochi 2014, classificandosi nona, decima e undicesima.
Nel 2006 ha conquistato una medaglia d’argento ai Mondiali Junior, un anno dopo si è confermata tra i “big”, arrivando terza ai Campionati del Mondo di Madonna di Campiglio. In Coppa del Mondo ha ottenuto quattro podi, tre secondi posti tra il 2007 e 2008 e una vittoria nel 2016. Dal 2014 è tornata a vestire i colori rossocrociati dopo aver gareggiato 12 anni per la Federazione italiana. L’abbiamo incontrata per parlare della sua passione e di lei.

Freestyle moguls, la sua specialità… Spieghi, a chi ne capisce poco come me, di che cosa si tratta…
«Si tratta di una discesa in una pista di gobbe lunga circa 200-250 metri. Durante il percorso bisogna compiere due salti diversi, il primo dopo poche gobbe e il secondo verso la fine del percorso. Una giuria attribuisce i punteggi in base alla tecnica dello sci tra le gobbe, alla qualità e difficoltà dei salti e alla velocità. È uno sport olimpico da Albertville 1992».

Ha fatto di una passione il suo lavoro, un sogno che non tutti possono vivere. Come si diventa professionisti? Qual è stato il suo personale percorso?
«Ho iniziato a praticare il freestyle moguls quando avevo 10 anni, grazie ad una giornata di prova organizzata dallo Sci Club Airolo che feci assieme a mio fratello e alcuni amici. Eravamo un gruppo di bambini a cui non interessava lo sci alpino, ma che voleva divertirsi in altri modi sulla neve. Fu amore a prima vista e così decidemmo di fondare il Freestyle Team Airolo. Dopo due anni entrai nella selezione regionale della FSSI (Federazione Sci Svizzera Italiana) e un anno dopo nella squadra nazionale junior svizzera. Senza rendermi conto passai dal gioco alle prime gare internazionali. Nell’estate del 2002, per poter proseguire la mia crescita sportiva e inseguire il mio sogno olimpico, ho preso la decisione che mi ha appunto permesso di trasformare la mia passione in lavoro: ho cambiato federazione e sono andata in Italia. È stata una scelta difficilissima, ma in quel periodo Swiss Ski non voleva investire nelle gobbe e in Italia c’era una struttura molto professionale per preparare i Giochi di Torino 2006».

Se fosse rimasta in Svizzera, non avrebbe trovato sbocchi?
«No, e probabilmente avrei smesso. Poi però anche in Italia le cose sono cambiate e hanno chiuso la squadra e visto che da anni Svizzera e Italia si allenavano assieme, nel 2014 ho deciso di tornare in Svizzera. Per me – tirando le somme – è stata una cosa positiva: volevo tornare a casa, anche se mi dispiaceva abbandonare l’Italia dopo che mi aveva accolta quando ero una ragazzina. È stato però bello sentirsi la benvenuta in Swiss Ski: erano tutti molto contenti di riabbracciare un’atleta matura, ma ancora competitiva».

Immagino che essere nata in Leventina l’abbia aiutata…
«Nonostante si possano praticare diversi sport in questa regione, una volta si diceva che in Leventina si sciava o si giocava a hockey. Io ho messo gli sci a 2 anni e l’hockey lo seguo appassiona tamente da tifosa HCAP».

Ammettiamo, appunto, che non fosse nata a Quinto: fosse nata, che ne so, a Stabio, quale sport si immagina avrebbe praticato?
«Mi dicono sempre che da bambina ero parecchio agitata e un po’ “pazzerella”, quindi immagino che avrei scelto uno sport “estivo” simile al freestyle moguls, ma non saprei cosa. Se invece penso ai miei attuali hobby, mi sarebbe piaciuto approfondire il tennis o la MTB. Di sicuro uno sport all’aria aperta».

E, in senso più generale, cos’è lo sport per Deborah Scanzio?
«Una passione e una “droga”. Ne ho bisogno per stare bene, sia sotto forma di sfogo che per passare dei momenti divertenti in compagnia di amici. Inoltre, da alcuni anni, mi piace tantissimo scoprire nuovi paesaggi facendo sport, in bicicletta o a piedi».

Come ci si prepara a una gara?
«Prima di una gara di Coppa del Mondo ci sono sempre due giorni di allenamento per provare la pista. Bisogna trovare il giusto feeling con la neve, il pendio, i salti e il tipo di gobbe (lunghe, corte, grosse, ghiacciate). La pista si modifica molto con il passare del tempo ed è dunque importante sapersi adattare ai cambiamenti. Il giorno della gara si possono ancora fare un paio di discese di riscaldamento prima della qualifica».

Riti scaramantici?
«Mio fratello mi prende sempre in giro per i gesti che faccio prima di una discesa o di una gara. Sono dei tic inconsci che faccio per concentrarmi e trovare il giusto stato mentale. Ad esempio sistemo spesso la maschera da sci prima di partire».

E come si prepara, invece, un’intera stagione? Come ci si gestisce nei momenti in cui non ci sono gare?
«La preparazione alla stagione è lunga e a volte è dura pensare che ci si prepara tutto l’anno per 3 mesi di gare. Ma fa parte del gioco e alla fine ci sono così tante cose da fare che il tempo vola e dopo tanti anni ti abitui alla routine degli allenamenti. La gente pensa che chi pratica sport invernali inizi a prepararsi in autunno, ma in realtà ci si allena tutto l’anno. A volte si gira il mondo per cercare la neve e in altri momenti si resta a casa per la preparazione fisica e acrobatica».

Immagino che conduca una vita sana: cosa fa per il suo benessere e quanto è importante stare bene con se stessi?
«I miei hobby sono le cose che mi fanno stare bene, quando posso mi rilasso facendo sport in natura con gli amici. Mi piace andare in MTB o in bici da corsa o camminare in montagna. Negli ultimi anni ho imparato ad amare le piccole cose e questo mi fa stare bene con me stessa. Nello sport non sempre riesco a controllare le mie emozioni e allora faccio leva sui consigli del mio preparatore mentale, con cui lavoro da tantissimi anni. Il suo sostegno mi è molto utile anche nella vita quotidiana».

Quello che fa le piace sempre o ci sono momenti in cui ha la tentazione di mollare tutto? E come reagisce?
«In questo momento della mia carriera sono finalmente tornata a sciare con una mente più libera e quindi a divertirmi di più. In uno sport molto tecnico come quello che pratico, la fiducia gioca un ruolo fondamentale: se credi in te stesso e in quello che sai fare, i dubbi e le paure spariscono. Quando però lavori sodo e non raccogli quello che desideri e credi di meritare, ti viene voglia di mollare tutto. Mi è capitato più volte, l’ultima a inizio 2017. Ma poi stacchi la spina per qualche giorno, ricarichi le batterie, torni lucida e ottieni finalmente un buon risultato che ti conferma che anche tu puoi lottare con i migliori. Sicuramente, un’altra parte fondamentale che ti aiuta a superare i momenti difficili è l’ambiente in squadra. Il nostro è uno sport singolo, ma che si pratica per molte settimane lontano da casa: è dunque fondamentale sentirsi bene all’interno del team».

Il bello e il brutto di essere una sportiva professionista?
«Come detto, ho il privilegio di aver trasformato una passione in lavoro, ho potuto viaggiare molto e vivere tante esperienze uniche ed emozionanti che mi hanno arricchito a livello umano e trasformato nella persona che sono. Ci sono dei punti positivi che sono però anche… negativi: avere una vita così movimentata significa stare perennemente con la valigia in mano e quindi perdersi cosa succede a casa e rischiare di far fatica a socializzare. Fortunatamente, con l’avvento delle nuove tecnologie, è molto più facile tenersi in contatto con gli altri e quindi ci si sente meno “soli” quando si è lontani. Tra i punti negativi, citerei anche l’u- sura del corpo: uno sportivo d’élite consuma più del previsto il proprio corpo e a volte bisogna fare i conti con gli infortuni».

Che cosa fa quando non calza gli sci?
«Lavoro a tempo parziale presso Valbianca SA, la società che gestisce gli impianti di risalita di Airolo-Pesciüm. Mi occupo anche della parte amministrativa e curo il marketing della Deborah sportiva professionista: insomma, sono una specie di “manager di me stessa”. Non devo preoccuparmi di organizzare gli allenamenti o le trasferte, visto che a quello ci pensa Swiss Ski, ma per poter vivere di sport e di sci bisogna contare su sponsor solidi e fedeli».

Pratica uno sport prettamente invernale: ma l’inverno le piace sempre, in ogni sua manifestazione?
«Fino a qualche anno fa adoravo molto di più l’estate che l’inverno, ero una sciatrice atipica. Mi piaceva il caldo e il mare, ma ora apprezzo molto la montagna in ogni stagione e dunque anche in inverno».

E dell’estate, che un tempo preferiva alla stagione fredda, cosa mi dice?
«Vivendo in montagna e passando tanto tempo al freddo e sulla neve, dell’estate mi piace poter girare con le infradito e pochi strati di vestiti. Mi piace il mare e rilassarmi sulla spiaggia leggendo un libro, anche se negli ultimi anni sono diventata “iperattiva” e anche in vacanza mi piace svolgere tante attività e praticare sport».

Le piace anche scrivere, ha una sua rubrica giornalistica e cura il suo blog con grande attenzione: dello sci abbiamo detto, ma dove nasce il piacere dello scrivere?
«Devo ringraziare la mia professoressa di italiano alla Scuola Cantonale di Commercio, con il suo modo di insegnare è riuscita a trasmettermi la passione per la letteratura. Ho iniziato a leggere di più e così anche la mia scrittura è migliorata. Con il passare del tempo, ho scoperto che riuscivo a esprimere meglio determinati concetti o pensieri scrivendo e così le mie news sportive sul mio sito (www. deborahscanzio.com) sono diventate sempre più lunghe e articolate. Nella primavera del 2012, mentre ero infortunata a un ginocchio, un mio amico giornalista mi ha mostrato come funziona un giornale, facendomi fare anche dei lavoretti. Be’, mi è piaciuto. E poco dopo, ho incontrato il direttore della rivista “Sportiamo” che, scherzando, mi ha detto che avrei potuto gestire una mia rubrica intitolata “A Scanzio di equivoci”. Rubrica che ora esiste per davvero e curo con grande piacere».

È anche molto attiva sui social: come mai? È stato inevitabile? Che rapporto ha con il mondo virtuale?
«Mi piace condividere con amici e fans alcuni momenti o emozioni che fanno parte della mia vita da sportiva, cose che magari non pubblico sul sito o che non vengono riprese dai giornalisti. Ho iniziato con Facebook ed è il social che uso di più, poi ho provato anche con Twitter e Instagram, ma onestamente non sono molto pratica di questi due mezzi di comunicazione. In linea generale, credo si debba diversificare i contenuti e i messaggi, ma nella lista delle mie priorità non riesco sempre a trovare il tempo per farlo. Devo ammettere che seguo anche poco quello che fanno gli altri: chi mi conosce sa bene che ogni tanto mi ritiro nel mio mondo».

Chiusa la carriera agonistica, cosa farà? Come sta costruendo il suo futuro?
«Non so ancora al 100% cosa farò… ma ho diverse idee! Di sicuro, essere già entrata nel mondo professionale (come dipendente di Valbianca) mi ha permesso di acquisire esperienze anche in altri campi e di arricchire il mio bagaglio di conoscenze. In ogni caso, una volta terminata la carriera sportiva, mi immagino attiva su più fronti, in ufficio come all’aria aperta. Dopo una vita irregolare, non vorrei avere degli orari fissi. Spero di poter tenere un piede anche nel mondo del freestyle, magari lavorando come allenatrice oppure nelle attività di promozione di questa disciplina. Inoltre, dopo aver svolto un corso nel 2011 organizzato da Swiss Olympic (manager di organizzazioni sportive, livello base), mi piacerebbe continuare la formazione di management sportivo. Finora ho realizzato tanti sogni e spesso sono riuscita a fare ciò che desideravo: con impegno e determinazione, sono sicura che quando smetterò con sci, gobbe, gare e allenamenti troverò un lavoro che mi soddisferà pienamente».