Il lungo cammino verso Vancouver…
Spesso si dice che le Olimpiadi siano un punto di arrivo. In effetti è così, per me è stata la fine di un lungo cammino durato 4 anni. In questi anni sono successe molte cose, ci sono stati momenti belli: i primi podi in Coppa del Mondo e la medaglia di bronzo ai Mondiali di Madonna di Campiogio (2007) e altri più difficili: il continuo diminuire del budget della squadra da parte della FISI, l’impossibilità pianificare l’attività nel migliore dei modi e infine la difficile decisione di prendere un allenatore privato.
Quando ho deciso di passare dalla nazionale svizzera a quella italiana, l’ho fatto perché ai tempi (agosto 2002), grazie alle Olimpiadi di Torino, in Italia c’erano delle condizioni ottimali per crescere e migliorare. In Svizzera non si voleva investire in questo sport, mentre in Italia si voleva costruire una squadra competitiva per il futuro. Così è stato, per 4 anni abbiamo avuto le possibilità a livello finanziario di lavorare nel migliore dei modi. C’era una squadra di 15 elementi, buoni allenatori, fisioterapisti, e soprattutto un progetto da seguire!
Ci siamo qualificati in 6 per Torino 2006, 2 donne e 4 uomini. A Vancouver, purtroppo, ero sola. In squadra siamo rimasti in 3. È davvero un peccato vedere come tutto è cambiato in 4 anni…tutto quello che si era costruito, non ha avuto un seguito…
Nel febbraio del 2007 ho ottenuto il mio primo podio, seconda a La Plagne, è stata una giornata stupenda. Dopo una brutta Tourné Nord-Americana, su consiglio del mio preparatore mentale (Roberto Joss) mi ero presentata a questa gara senza pensare al risultato, pensando solo che fosse un allenamento. Dopo la qualifica ero 12°…in finale mi è uscita una discesa stupenda, di quelle che non sai come hai fatto a fare…sono arrivata 2°! Dopo questo risultato ho iniziato a pensare che una medaglia ai Mondiali non fosse solo un sogno…e così, un mese dopo…eccomi di nuovo sul podio con un’altra super discesa in finale. Bronzo ai Mondiali, davanti al proprio pubblico, alla famiglia ed agli amici…che emozione!
Malgrado avessi fatto questi importanti risultati, la Fisi, la stagione successiva diminuì di nuovo il nostro budget. Un brutto colpo da digerire, sapevo che le altre squadre si sarebbero allenate molto e per competere ai massimi livelli dovevamo prepararci anche noi. Visti i problemi finanziari, la squadra iniziò ad allenarsi sulla neve solo ad inizio ottobre, così andai da sola in estate in Australia e mi feci allenare da un allenatore australiano per un mese. Tornai e seguii il resto del programma con la squadra. La stagione iniziò com’era finita quella precedente, con degli ottimi risultati. 2 podi nelle prime 4 gare, poi però entrai in un cerchio negativo e non riuscii più a fare degli ottimi risultati.
Durante quella stagione, mi ero promessa, che quella successiva sarebbe stata diversa, volevo un allenatore nuovo, qualcuno che mi seguisse più da vicino e che mi preparasse nel migliore dei modi per le Olimpiadi di Vancouver. Siccome sono una persona a cui piace programmare non volevo più aspettare i programmi della FISI, volevo farmi una tabella di marcia da lì a febbraio 2010. Così, da atleta, mi sono trasformata in un tutto fare, ho cercato l’allenatore e i soldi per finanziare questa mia idea. Purtroppo il mercato degli allenatori nel freestyle non offre molto, siccome io avevo un budget molto limitato, la scelta è stata ancora più ristretta. Una persona molto famosa nelle gobbe mi ha consigliato un suo amico, ex atleta finlandese (Jussi), e con un’esperienza di allenatore a livello giovanile. Sapevo che non aveva mai allenato in Coppa del Mondo, ma siccome non avevo altre opzioni, ho tentato questa strada. Il fatto che lui fosse un ex atleta pensavo mi sarebbe stato molto utile per i consigli tecnici.
Quando ho iniziato a lavorare con questo nuovo allenatore, gli ho spiegato bene quale fossero le mie idee, perché avevo scelto un allenatore personale e cosa avevo bisogno da lui. Credo che un buon allenatore abbia diversi compiti, oltre alla parte tecnica, c’è quella organizzativa e c’è quella mentale. È importante che sappia motivare e a spingere al punto giusto i propri atleti.
Ho iniziato a lavorare con Jussi nell’agosto 2008. Non volevo estraniarmi dalla squadra, così quando c’erano gli allenanti ufficiali, andavo con loro insieme al mio coach, quando invece volevo allenarmi di più o diversamente mi organizzavo da sola con Jussi.
Come spesso accade quando c’è un cambiamento, all’inizio ero molto entusiasta, nuove correzioni, nuovi metodi di lavoro, nuove idee, ecc. Purtroppo poi, ho iniziato a vedere anche le cose che non andavano come mi ero immaginata. Il fatto di aver organizzato e gestito una cosa così grande, mi ha fatto avere delle aspettative molto alte. In fondo credo che sia normale, ho investito e volevo un ritorno, a livello di risultati e da parte del mio allenatore. Pretendevo di essere seguita al dettaglio. Tutto era in funzione delle Olimpiadi…
La prima stagione con Jussi è stata sfortunata, dopo 4 gare, con 3 piazzamenti nei 10 (ma senza nessun acuto), mi sono infortunata ad un ginocchio. Dopo una pausa forzata di un mese, sono rientrata per i Mondiali di Inawashiro, volevo difendere la mia medaglia di bronzo, ma l’essere stata ferma un mese e la pista non favorevole alle mie qualità, non lasciavano grosse speranze. Così è stato (12° e 14° posto). Ci ho provato, ma non con la giusta convinzione, il ginocchio non faceva male, ma mi mancava il ritmo e la sicurezza mentale.
Malgrado non fosse andato tutto come volevo, ho scelto di continuare con Jussi, non avrebbe avuto molto senso ricambiare allenatore l’anno delle Olimpiadi e dopo un solo anno di lavoro è normale che non sia tutto perfetto. Inoltre prima dell’infortunio, ero andata abbastanza bene e sul lato tecnico avevo fatto dei miglioramenti, soprattutto sulla solidità.
Abbiamo pensato assieme ad un programma ottimale per questa stagione, rispetto all’anno precedente abbiamo aumentato quasi del doppio i giorni di sci, la preparazione atletica ho continuato a farla con Gilles Neunschwander (5 anno consecutivo) e con Roberto Joss abbiamo proseguito il lavoro mentale. Fino al mese di dicembre scorso, ero convinta di aver fatto un ottimo lavoro, di essere pronta per questa importante stagione. Sapevo che c’erano delle cose che erano ancora da migliorare sul piano tecnico (velocità su tutte), e che altre non erano state curate al dettaglio, ma nel complesso, pensavo-speravo di essermi avvicinata alle migliori. Ho affrontato le prime gare di CdM con molta curiosità e nervosismo, volevo sapere dov’era il mio livello. Le gare sono andate malissimo e sono rientrata a casa molto delusa e negativa. L’impressione era che le migliori fossero ancora lontane e che chi era al mio stesso livello, fosse migliorato più di me…Dopo le 5 gare in Nord-America, ho capito che non era del tutto vero quello che pensavo, ho fatto 5 finali di fila (mai successo prima) e 2 top 10, il divario con le migliori c’era, ma non ero poi così lontana come pensavo.
Sono andata a Vancouver con l’obbiettivo di dare tutto, di provarci veramente e di non aver rimpianti…Volevo dare un senso a tutte le fatiche, le lotte e le energie consumate in questi anni. Ho sperato fino alla fine in una run come quella di La Plagne o di Madonna di Campiglio, ma non è arrivata. Non sono riuscita a liberarmi completamente, a fare qualcosa in più del solito. Ho fatto come in CdM e il 10° posto è in linea con tutta la stagione. Alla fine è stato così per tutte, le favorite hanno fatto medaglia, qualcuna ha sbagliato in finale e le altre si sono piazzate nelle loro posizioni abituali…
Il bilancio di questi 4 anni? Duri, difficili, stressanti, ma alla fine positivi…sono cresciuta molto come atleta e come persona, ho imparato a fare tante cose (amministrative, organizzative,..), mi sono confermata tra le migliori 10 al mondo, e finalmente sono più regolare nei risultati. Ora però voglio tornare a fare l’atleta spensierata, che lascia a chi di dovere il compito di organizzare e pianificare, che sorride anche quando fa una brutta discesa, che non pensa solo alle Olimpiadi, e soprattutto che torna ad avere un po’ della passione che aveva da bambina per questo sport!
Un grazie di cuore alla mia famiglia e ai miei amici per il supporto che mi hanno sempre dato in questi anni. Un grazie anche a chi ha permesso che tutto ciò avvenisse: alle Fiamme Azzurre, al Club Olimpico del CONI, alla FISI, agli Sponsors, al Fans-Club e agli allenatori che mi hanno seguita in questo periodo.