Il giudizio è soggettivo…la reputazione te la devi guadagnare!

Testo di: Deborah Scanzio

Il freestyle moguls non è uno sport di massa, ma negli anni in Ticino ha acquisito una buona popolarità, grazie a diverse manifestazioni internazionali e alla presenza regolare di atleti ticinesi nel campo mondiale. Spesso, quando raccontavi alla gente che facevi freestyle, la risposta era: «Vai con la tavola?» Le acrobazie sulla neve sono più associate allo snowboard che agli sci, ma negli anni questa idea sta cambiando. È soddisfacente quando parli di moguls e qualcuno ti risponde: «Quello sport dove ci sono le gobbe?» Sì, proprio lui. Ma come funziona? Ora inizia il difficile…

La mia disciplina si potrebbe definire come un’arte; chi va a una mostra, ma non ha un occhio allenato, probabilmente avrà l’impressione che molti quadri sembrino uguali e vedrà poche differenze tra loro. Chi guarda una gara di “gobbe”, ma non è dell’ambiente, all’inizio rimane a bocca aperta, poi ci definisce pazzi e infine si chiede: «Ma chi vince?». Non il più veloce, ma chi ottiene più punti, sommando tecnica (50%), salti (25%) e tempo (25%).

In Coppa del Mondo e ai grandi eventi, ci sono sette giudici: cinque giudicano la “sciata” tra le gobbe e due i salti, dando un punteggio all’evoluzione che viene moltiplicato per un coefficiente di difficoltà. Ci sono due salti da fare e devono essere di categorie diverse.

I punti sono decimali, per la tecnica vanno da 0-5, per i salti da 0-2.5. Nella valutazione dello stile tra le gobbe, i giudici hanno dei criteri da tenere conto e per ogni errore fanno delle deduzioni da una nota di partenza che decidono loro. Il punteggio più alto e più basso vengono scartati. E il tempo conta? Negli ultimi anni sempre di più. In base alla lunghezza della pista si determina un tempo base, differente per uomini e donne, se ci impieghi quel tempo prendi 5.75 punti, se ci metti di più o di meno, aumentano o diminuiscono i punti. Quello che è cambiato, è l’importanza della velocità, a livello tecnico, a volte paga di più una discesa un po’ sporca ma veloce che troppo controllata e con meno sbavature.

Tornando all’arte, se andiamo a una mostra, ma non siamo esperti di quadri, rischiamo di farci influenzare dal nome del pittore. Una tela di Picasso probabilmente attirerà di più la nostra attenzione rispetto a un’artista meno popolare, anche il nostro giudizio sarà inevitabilmente condizionato dall’importanza del nome. Negli sport con i giudici a volte sembra di essere al Louvre di Parigi, il livello è talmente alto e il divario minimo, che a volte a far la differenza è più il nome, il pettorale o la nazione da cui provieni, che la tua prestazione. Nella lotta ad accedere alle finali o a buoni piazzamenti, si ha l’impressione che il metro di giudizio non sia sempre equo con tutti, anche se chi vince di solito, è davvero il più forte. E allora che fare? Lavorare affinché il proprio nome diventi importante, perché chi può beneficiare del “bonus reputazione”, infondo, se l’è guadagnato sul campo…